I testi dei curatori

AZIONI DI TRANSITO

“Sic transit gloria mundi.” Cosi la religione cristiana intendeva definire le cose del mondo, perché effimere e caduche. Ma transitare da una dimensione all’altra, dal terreno allo spirituale, dall’ecologia alla filosofia, è il presupposto per una nuova consapevolezza collettiva che ben si evince dalle opere di Marina Gasparini, che vanno a dialogare con il territorio in cui sono efficacemente inserite, creando una sorta di museo diffuso, una mappatura ecologico-esistenziale.

La nostra cittadinanza invece è nei cieli, recita la scritta al neon che campeggia sulla chiesa della Mucciatella, creando un cortocircuito tra cielo e terra. San Paolo parlava schietto ai Filippesi in Grecia, per esortarli a vivere al di là dei valori materiali. Viviamo in questo mondo ma non siamo di questo mondo, intendeva il Santo, quindi dobbiamo rispettare ciò che è intorno a noi.

La parola cittadinanza è in greco politeuma e deriva dal verbo politeuomai, che significa comportarsi come un cittadino. L’artista ci guida così alla riflessione sul rispetto per la natura, che diviene religione universale per noi che siamo cittadini del mondo, uniti dalla stessa bandiera ecologica in modo metaforico. E gioca sulla grande nube di filo e acrilico che fa da sfondo al monito, riportandone il disegno fine in modo dettagliato, seguendo le linee del bulino, per ricreare l’ingrandimento di un piccolo particolare di un’incisione botanica dell’artista tedesco Wilhelm Kolbe, che rappresentava paesaggi visionari. A ricordare la fede dei cavalieri templari, l’autrice pone stendardi grigi di foggia medioevale, appoggiati al portale della chiesa quasi come al termine di una guerra, con striscioni di fotografie patchwork di comete viaggianti prese dal telescopio: un collegamento diretto a universi lontani, alla mistica del cielo che diviene spazio infinito.

Altro spazio religioso scelto per celebrare l’unione tra uomo e paesaggio naturale è l’Eremo di San Michele Arcangelo di Salvarano, sulle cui pareti l’artista crea ghirlande simili a rosari, accompagnate dalla sagoma luminosa di un mantello che rimanda alla Vergine, che sciorinano al posto delle preghiere frasi tratte da opere che fanno riferimento all’economia dei beni. La pratica del Rosario viene dunque sostituita con le singole parole illuminate, per indicare come il paesaggio sia un bene comune di ciascuno, non barattabile con denaro, e come la circolazione della moneta sia pari a quella del sangue.

Al Giardino delle Rose di Salvarano scritte circolari ci invitano a capire l’ontologia della rosa attraverso la poesia e la filosofia, affiancandola al linguaggio. Simbolo complesso, citato fin dal Medioevo, dall’antichità difatti la rosa mistica è la Madonna; il fiore ha un percorso circolare, esattamente come le fasi lunari copernicane del neon posto accanto, e questo senso di circolarità e movimento viene esplicitato dai rimandi alle tre poesie di Caproni, Stein e Rilke, che circolarmente si leggono lungo il percorso del selciato e che esplicitano la perfezione della pianta unita al valore della parola stessa, che la definisce in quanto tale.

Un rimando alla vanitas seicentesca è la calavera messicana installata al Parco di Roncolo.

La connotazione positiva del teschio messicano, realizzato con scarti di tessuto, legata all’eterno ritorno della ciclicità naturale, si trasforma in un invito velato a rispettare la bellezza e la ricchezza dell’ambiente, a non abituarci all’eccessivo consumo e diventa una sorta di augurio e forma di conforto sulla morte. Lo stesso tappeto fiorito ricco di colori e pezze di stoffa riciclata ai piedi dell’opera, che si staglia sulla collina davanti al castello di Bianello, porta con sé un’idea di rigenerazione, di un transitare del tessuto del quotidiano da un significato a un altro.

Infine lungo la via Matildica del Volto Santo, nel tratto ciclopedonale tra la Vasca di Corbelli e il ponte sul Crostolo a Puianello, ci si può riposare su morbidi divanetti fissati al terreno che riassumono la forma di montagne, dipinti con colori acidi, che riportano tra i soggetti anche il labirinto che Matilde di Canossa aveva fatto costruire imitando quello presente nella cattedrale di Chartres. Passeggiarvi era una forma di iniziazione religiosa per gradi, nei varchi divisi in quattro parti cruciformi, con un percorso obbligato che costringeva il viandante a percorrerlo interamente, dal cerchio esterno a quello interno, come fosse un viatico spirituale.

Accanto a essi, intrecciato ai rami degli alberi, l’artista ha posto un filo lungo di rami ossidati, rivestiti di garza e dipinti, che imita la cuscuta o dodder, pianta infestante senza radici che crea trame sinuose sulle superfici che contamina.    

Così transita la gloria del mondo dunque. E così si racconta a chi la intende interpretare in modo differente, come una vera e propria religione della natura, sebbene pur sempre passeggera.

Francesca Baboni

 

DIALOGHI

Il territorio sembra un dato di fatto, in realtà ha propagazioni di senso desunte dalle tipicità che vi si possono riscontrare. I territori, infatti, portano nel proprio vissuto la storia della gente che li ha abitati, senza scordarci di quello che la natura può fare indipendentemente da tutto. Ecco quindi che quello che ci appare il solito può diventare diverso.

Gli interventi artistici di Marina Gasparini legano insieme numerosi fattori culturali. Nei differenti luoghi che ospitano le sue opere c’è un continuo dialogo con il territorio. Quello che appare transitorio diventa qualcosa da esperire in modo diverso, con la calma che spesso le nostre frenetiche vite hanno dimenticato o non si possono permettere.

Seppur temporaneamente una serie di luoghi saranno “invasi” dalle opere di Marina Gasparini, sempre in modo delicato e rispettoso ma proponendo interpretazioni personali che vogliono dialogare con la collettività. Religione, sociologia e filosofia sono solo alcuni dei temi affrontate dall’Autrice. La natura, il paesaggio antropico sono segni indelebili, momenti di passaggio e di firma del transitare terreno dell’essere umano. L’arte contemporanea diviene perciò un nuovo modo d’interpretare quello che ci circonda. Essa svela o riprende, modulando in chiave differente quello che abbiamo sotto gli occhi, ma di cui non abbiamo più alcun riverbero. La memoria dei luoghi viene perciò investita di nuovo senso grazie alle opere di Marina Gasparini.

L’autrice utilizza diversi materiali per rivelare la caducità del vivere, la sospensione tra un qui e un dopo, sempre mantenendo un sentore di umano in ogni opera. Anche l’utilizzo della scrittura viaggia in tal senso. Per mezzo di differenti media si può vivere un’esperienza immersiva del territorio, sicuramente eversiva rispetto a quella precedente. I luoghi e le opere di Marina Gasparini presentano un cortocircuito spaziale e temporale che trasforma il quotidiano in straordinario, sviscerano temi delicati e creano comunità ideali tra gli uomini, anche in tempi differenti. L’arte diventa una sorta di surplus di nutrimento per questi territori, dandone una propria declinazione e quindi potenziandone il valore semantico. Una ricerca che invita l’uomo a fermarsi a riflettere, in luoghi modificati che per un po’ non saranno più quello che erano. Quello che saranno è tutto in divenire.

Stefano Taddei